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Gli impianti iperbarici industriali per basso e alto fondale

storia dell'immersione
04-01-15

©  CEDIFOP 2004 tutti i diritti riservati

 

La Malattia Misteriosa.
 

AI tempo in cui si stava mettendo a punto uno scafandro funzionale, altri inventori lavoravano al perfezionamento della campana di immersione, aumentandone le dimensioni ed aggiungendo pompe d'aria ad alta capacità per erogare una pressione sufficiente che impedisse all'acqua di entrarvi. Il miglioramento della capacità della pompa condusse ben presto alla costruzione di camere abbastanza spaziose da alloggiare più uomini che potessero lavorare sul fondo, ma all'asciutto. Ciò si rivelò particolarmente vantaggioso per altri progetti, quali scavi per fondazioni di ponti o per la costruzione di sezioni di tunnel, che richiedevano lunghi tempi lavorativi. Queste camere asciutte vennero chiamate "caissons", parola francese che significa letteralmente "scatoloni o cassoni".

Si progettarono cassoni nei quali fosse possibile entrare direttamente dalla superficie. Impiegando una camera di trasferimento era possibile mantenere la pressione nel loro interno, mentre uomini e materiali potevano entrarvi ed uscirne. La comparsa dei cassoni segnò un importante passo avanti della tecnologia ingegneristica  che si sviluppò molto rapidamente..

 (Il Caisson francese. Questo cassone poteva essere rimorchiato fino
al luogo delle operazioni e calato sul fondo allagando i serbatoi laterali. )

Con il diffondersi dell'impiego dei cassoni, una nuova inspiegabile malattia cominciò a colpire gli uomini dei caissons. Dopo aver completato un turno ed essere risaliti in superficie, i cassonisti venivano frequente- mente colpiti da disturbi respiratori, oppure da acuti dolori articolari o addominali. Generalmente, la persona colpita si riprendeva dopo un certo tempo, ma poteva pure non liberarsi più da alcuni sintomi. I lavoratori dei cassoni affermavano spesso di stare meglio quando lavoravano ma, probabilmente, lo attribuivano al fatto di sentirsi riposati all'inizio di un turno rispetto alla fatica accumulata alla fine della giornata lavorativa, quando si sentivano peggio.

Con l'impiego dei cassoni in progetti ancora più importanti e con l'aumento della pressione del lavoro, i problemi fisiologici aumentarono in numero e gravità. La frequenza dei decessi era allarmante.

La malattia venne logicamente chiamata malattia dei cassoni, ma i lavoratori impiegati nel progetto del ponte di Brooklyn a New York le diedero un nome più espressivo che rimane a tutt'oggi: "the bends" (le curve). Il termine potrebbe derivare dalla somiglianza tra la posizione assunta dal sofferente e la goffa posizione piegata in avanti, ostentata dalle donne di quei tempi.

Oggi "the bends" (Embolia) è uno dei pericoli più noti nel campo delle attività subacquee. Sebbene l'uomo sia sceso sott'acqua per migliaia di anni, fino all'era dei cassoni pochi uomini erano riusciti a lavorare a lungo sottoposti ad una pressione molto alta. Pochi, come Pasley, il quale conosceva bene il manifestarsi di alcuni aspetti della malattia, erano disposti a credere che si trattasse di qualcosa di peggio di un'indigestione, di reumatismi o di artrite.

La vera causa della malattia dei cassoni fu descritta clinicamente per la prima volta nel 1878 dal fisiologo francese, Paul Bert. Nei suoi studi sugli effetti della pressione sulla fisiologia umana, Bert affermò che la respirazione di aria pressurizzata fa entrare in soluzione l'azoto nel sangue e nei tessuti e che, fino a quando vi è pressione, l'azoto rimane in soluzione. Diminuendo rapidamente la pressione, come avveniva quando gli uomini uscivano dai cassoni, l'azoto ritornava allo stato gassoso troppo rapidamente per permettere al corpo di liberarsene in modo naturale e, perciò, nel corpo si forma- vano bolle di gas, causa della vasta gamma di sintomi che sono propri di questa malattia. Il flusso sanguigno verso un organo vitale bloccato dalle bolle può cagionare paralisi o provocare la morte.

Bert raccomandò che i lavoratori dei cassoni venissero sottoposti ad una decompressione graduale e che risalissero lentamente in superficie. I suoi studi si tradussero in un immediato miglioramento della salute degli uomini dei cassoni, i quali notarono che il dolore diminuiva non appena, al comparire dei sintomi, ritornavano alla pressione dei cassoni. Nell'arco di pochi anni, le camere di ricompressione vennero posizionate vicino al posto di lavoro per controllare meglio le "bends".

 (Prima Camera di Ricompressione a doppio Compartimento.)

La pressione delle camere si poteva aumentare o diminuire a seconda dei bisogni individuali. Uno dei primi successi della camera di ricompressione si ebbe nel 1879, anno nel quale fu costruito un tunnel tra New York ed il New Jersey. Fu, questo, il primo tentativo di costruzione di un tunnel per la metropolitana sotto il fiume Hudson. L 'impiego della camera ridusse di molto il numero dei casi gravi e dei decessi provocati dalle "bends"  

 

Altre Scoperte di Interesse Fisiologico. 
 

 La raccomandazione di Bert che i subacquei risalissero in maniera graduale e regolare non ebbe molto seguito e gli uomini dei cassoni continuarono ad ammalarsi: a quei tempi, era opinione diffusa che i palombari avessero raggiunto i limiti dello stato dell'arte e che la profondità di 120 piedi fosse la massima raggiungibile per lavorare, opinione, questa, dovuta alla ripetuta incidenza delle "bends" dopo immersioni in profondità e, anche, all’inefficienza operativa riscontrata in fondali più alti. A volte, i palombari perdevano coscienza mentre lavoravano a 120 piedi.

Tra il 1905 e i11907, J.S.Haldane, fisiologo inglese, fece alcuni esperimenti con i palombari della Royal Navy e osservò che il problema dipendeva, in parte, da un fattore relativamente semplice, vale a dire che i palombari non ventilavano adeguatamente i loro elmi, con conseguente accumulo di alte percentuali di anidride carbonica. Il problema fu risolto fissando una rata standard per il flusso di alimentazione (1,5 piedi cubi d'aria al minuto misurati alla pressione del palombaro -circa 43 litri) da erogarsi con pompe di capacità sufficiente a mantenere il flusso e ventilare l'elmo su base continua. Haldane compilò pure una serie di tavole di immersione che fissarono un metodo di decompressione a tappe. Pur essendo state studiate ripetutamente e perfezionate nel corso degli anni, queste tavole rimangono a tutt'oggi il metodo accettato per riportare il subacqueo in superficie.

Il risultato immediato degli studi di Haldane fu quello di aumentare a poco più di 200 piedi (61 metri) la profondità operativa dei palombari alimentati con aria. A quei tempi tale limite non veniva imposto in ragione di fattori fisiologici, ma unicamente in funzione della capacità di fornire aria con una pompa a mano.

Non trascorse molto tempo da quando i palombari avevano cominciato a raggiungere profondità maggiori, che fece la sua comparsa un'altra malattia. Il palombaro sembrava ebbro, a volte euforico, e perdeva frequentemente il suo senso di discernimento, a tal punto da dimenticare lo scopo dell'immersione. Negli anni '30 questa "estasi della profondità" venne collegata al contenuto di azoto nell'aria respirata a pressioni più alte. Nota come narcosi da azoto, questo stato compare perché le proprietà anestetiche dell'azoto aumentano pericolosamente con l'aumento della pressione dell'aria. Per risolvere il problema, oggi si impiegano speciali miscele respiratorie composte di elio e ossigeno per immersioni in alti fondali.

  

Scafandri Corazzati.  

Molti inventori, parecchi dei quali con poca o nessuna esperienza della realtà subacquea, cercarono di mettere a punto uno scafandro corazzato per liberare il palombaro da qualsiasi problema di pressione. In uno scafandro del genere sarebbe stato possibile respirare aria a pressione atmosferica normale e scendere in fondali molto alti senza alcuna conseguenza dannosa. Lo scafandro barile di  John Lethbridge

era praticamente uno scafandro corazzato con una limitata profondità operativa.

L'utilità di gran parte degli scafandri corazzati era discutibile: troppo ingombranti per poterci lavorare e troppo complicati per proteggere da pressioni eccessive" La profondità massima prevista per gli scafandri progettati negli anni ’30 era di 700 fsw (circa 214 metri), ma essa non fu mai raggiunta in immersioni  reali. Le ricerche sugli scafandri corazzati -detti scafandri a 1 atmosfera -ne dimostrarono l'utilità in lavori subacquei specializzati.

Le ricerche sugli scafandri corazzati - detti scafandri a 1 atmosfera - ne dimostrarono l'utilità in lavori subacquei specializzati.

(Scafandro Corazzato)

 

L'MK V per Immersioni in Alti Fondali.

Nel 1905 il Bureau of Construction and Repair progettò l'elmo per immersione MK V, che sembrava indicato a risolvere i numerosi problemi incontrati in immersione (Figura 14). L'MK V, con il suo scafandro flessibile per immersioni in alti fondali alimentato dall'ombelicale, venne usato per ogni genere di recupero e salvataggio sottomarino in tempo di pace, ivi incluse le operazioni sull'SS S-51 e l'USS-S-4 e, in pratica, in tutte le operazioni di recupero svolte durante la Seconda Guerra Mondiale. Lo scafandro flessibile per immersioni in alti fondali, progettato per lunghe ed estese operazioni subacquee, offriva al palombaro la massima protezione fisica e una certa manovrabilità.

 (Scafandro MK V per Immersioni in Alti Fondali.)

L'elmo MK V del 1905 aveva un gomito d'ingresso dotato di una valvola di sicurezza per permettere all'aria di entrare nell'elmo, ma non di uscirne attraverso l'ombelicale in caso di interruzione dell'erogazione dell'aria. L'aria veniva fatta uscire dall'elmo attraverso una valvola di scarico situata sul lato destro, sotto la portella. La valvola scaricava verso il retro dell'elmo, per impedire che le bolle interferissero con il campo visivo del palombaro.

Nel 1916, si introdussero molte modifiche per migliorare l'elmo, che venne dotato di un rudimentale sistema di comunicazioni via cavo telefonico nonché di una valvola di regolazione azionata da un pulsante interno. La valvola di regolazione permetteva un certo controllo della pressione ambiente. Sul lato sinistro dell'elmo si aggiunse una valvola di scarico supplementare, soprannominata "spitcock" (rubinetto di lavaggio). Si incorporò pure una sicurezza per impedire che l'elmo si staccasse accidentalmente dal corsetto. Nel 1927 si migliorarono la valvola di scarico ed i sistemi di comunicazione e, allo stesso tempo, e per maggiore comodità del palombaro, venne diminuito il peso dell'elmo. Dal 1927 in poi, l' MK V è cambiato poco. Oggi, esso è praticamente uguale a quello impiegato negli anni '20 nel corso delle operazioni di recupero dell'USS S-51 e dell'USS S4. L'elmo MK V fece parte dell'apparecchiatura standard dell'U.S. Navy finche non fu sostituito dal MK 12 Surface Supplied Diving System (SSDS) (Apparecchiatura per immersioni alimentate dalla superficie) nel febbraio del 1980, quando iniziarono i primi corsi di addestramento con l' MK 12.

 

Evoluzione dell'indipendenza dalla superficie.

 I Deane, Siebe ed altri studiosi avevano dato all'uomo la capacità di rimanere sott'acqua per tempi lunghi e con sufficiente scioltezza di movimenti, in modo da poter svolgere una notevole mole di lavoro durante la sua permanenza sul fondo. Il palombaro, tuttavia, era ancora legato alla superficie: la manichetta gli forniva la vita ma limitava il suo campo operativo.

Molti inventori cercarono i metodi per rendere il subacqueo indipendente dalla manichetta di alimentazione dalla superficie e studiarono un sistema per dargli maggiore libertà di movimento, senza fargli correre rischi. La soluzione era evidente: dare al subacqueo il mezzo per portare con se l'aria necessaria. Oggi l'autorespiratore subacqueo (SCUBA) non è soltanto una realtà, ma ha pure sostituito lo scafandro per le immersioni in alti fondali ed è il sistema impiegato più frequentemente. Per molti anni, tuttavia, lo SCUBA rimase operativo solamente in teoria. Non c'erano né una pompa (compressore) di sufficiente capacità né bombole che potessero resistere alle alte pressioni necessarie per alimentare l'aria.

La messa a punto dello SCUBA avvenne gradualmente e, nel corso degli anni, si svilupparono tre tipi fondamentali: il sistema a circuito aperto, il sistema a circuito chiuso ed il sistema a circuito semichiuso.

Nel sistema a circuito aperto l'aria inspirata proviene da una bombola di alimentazione e l'aria espirata viene scaricata direttamente in acqua. Nel sistema a circuito chiuso si impiega una bombola carica di ossigeno puro che alimenta il sacco polmone. L'ossigeno consumato dal subacqueo ricircola nell'apparecchiatura e passa, poi, attraverso un filtro chimico che elimina l'anidride carbonica. Dalla bombola viene aggiunto altro ossigeno per sostituire quello consumato con la respirazione. In operazioni belliche speciali, il sistema a circuito chiuso (respiratore ad ossigeno) offre vantaggi superiori rispetto al sistema a circuito aperto, poiché non scarica in superficie una scia rivelatrice di bollicine.  

Il terzo tipo fondamentale - il sistema a circuito semichiuso - combina le caratteristi- che degli altri due sistemi. Impiegando una miscela respiratoria gassosa, l'apparecchio la fa ricircolare attraverso il contenitore del filtro dell'anidride carbonica ed aggiunge continuamente un piccolo quantitativo di miscela gassosa ricca di ossigeno da una bombola apposita. Il flusso della miscela di alimentazione è predisposto per soddisfare la domanda di ossigeno del corpo e la parte del flusso della miscela gassosa che ricircola, e che è uguale al flusso della miscela erogata, viene scaricata con continuità in acqua. Poiché la quantità della miscela rimane costante, indipendentemente dalla profondità, nelle immersioni in alti fondali il sistema SCUBA a circuito semichiuso offre un'autonomia ben superiore a quella dei sistemi a circuito aperto.

Le ricerche seguirono due strade importanti: il circuito aperto ed il circuito chiuso. La prima componente essenziale di un sistema a circuito aperto è il regolatore del flusso a domanda, progettato agli inizi del 1866. Brevettato da Benoist Rouquayrol, il regolatore controllava il flusso dell'aria proveniente dal serbatoio per soddisfare le esigenze del subacqueo sia a livello di respirazione che di pressione. Tuttavia, poiché a quell'epoca era impossibile fabbricare bombole tanto resistenti da contenere aria fortemente pressurizzata, Rouquayrol adattò il suo regolatore all'apparecchiatura subacquea alimentata dalla superficie e la tecnologia si volse alla progettazione di sistemi a circuito chiuso. L'applicazione del concetto del regolatore a domanda di Rouquayrol ad un efficiente SCUBA a circuito aperto dovette attendere più di 60 anni.

Nel 1878, H.A. Fleuss mise a punto il primo autorespiratore commerciale a circuito chiuso con ossigeno puro. Poiché questo sistema impiegava solamente ossigeno, non era necessario che la quantità di gas nel serbatoio fosse uguale a quella dell'aria compressa (solo il 20% di ossigeno). Si poté così eliminare la necessità di dover disporre di serbatoi eccezionalmente resistenti.

Purtroppo, all'epoca della sua invenzione, Fleuss non era consapevole del grave problema dell'intossicazione che l'ossigeno puro respirato sotto pressione avrebbe potuto provocare. Solo molti anni dopo i ricercatori determinarono la profondità mas- sima di sicurezza per la respirazione di ossigeno puro.  

Due anni dopo la sua invenzione, lo SCUBA di Fleuss figurò in primo piano nell'impresa altamente pubblicizzata dell'inglese Alexander Lambert. Il tunnel sotto il fiume Severn si era inondato nel 1880 e Lambert, indossata l'apparecchiatura di Fleuss, percorse 1000 piedi lungo il tunnel e, in totale oscurità, riuscì a chiudere valvole di importanza fondamentale.

Mentre si continuava a sviluppare il progetto del sistema a circuito chiuso venne perfezionata l'apparecchiatura di Fleuss con l'aggiunta di un regolatore a domanda e di bombole in grado di contenere ossigeno a più di 2000 psi. Agli inizi della Prima Guerra Mondiale lo SCUBA di Fleuss, così modificato, entrò di diritto a far parte dell'apparecchiatura impiegata dalla Royal Navy per l'abbandono dei sottomarini sinistrati.

Nel 1933 si riprese di nuovo la via della sperimentazione sul sistema a circuito aperto quando il comandante LePrieur, ufficiale della marina francese, costruì uno SCUBA a circuito aperto usando un serbatoio di aria compressa. LePrieur, tuttavia, non incluse un regolatore a domanda nel suo progetto, cosicché lo sforzo maggiore del subacqueo doveva concentrarsi sul costante controllo manuale dell'erogazione dell'aria. Questo fatto, unito ad una autonomia molto ridotta, costituiva una grave limitazione per l'applicazione pratica dell'apparecchio di LePrieur. Si continuò, pertanto, a concentrare l'attenzione sullo sviluppo del sistema a circuito chiuso.

Sebbene l'impiego dell'apparecchiatura a circuito aperto fosse limitato a fondali bassi, e comportasse il pericolo potenziale dell'intossicazione da ossigeno, la sua progettazione raggiunse presto un buon livello di efficienza. Agli inizi della Seconda Guerra Mondiale, esso venne largamente usato dalle marine militari dei belligeranti. I sommozzatori inglesi, che operavano dai sottomarini tascabili, i Midget, aiutarono a posizionare cariche di esplosivo sotto la chiglia della corazzata tedesca Tirpiz. l sommozzatori italiani, che impiegavano apparecchiature a circuito chiuso, cavalcarono i cosiddetti siluri a lenta corsa (meglio noti come “maiali”) (Fig.15), dotati di sedili e di controlli manuali, e attaccarono ripetutamente le navi inglesi. Durante la fase finale della guerra, i giapponesi impiegarono il siluro guidato Kaiten, equivalente nautico dell'aereo kamikaze.

(Siluro umano (Maiale) impiegato durante la Seconda Guerra Mondiale.)

L'innovazione più recente nei sistemi a circuito chiuso è l'impiego di una miscela respiratoria gassosa, la cui concentrazione di ossigeno viene misurata e controllata elettronicamente. Questo tipo di apparecchiatura ha sempre la caratteristica di non rilasciare bolle, come avviene con l'autorespiratore a ciclo chiuso con ossigeno puro, migliorando notevolmente la capacità di raggiungere maggiori profondità.

Mentre si combatteva con apparecchiature a circuito chiuso, due francesi, uno di essi ufficiale di marina e l'altro ingegnere, ebbero un grande successo con il loro progetto di uno SCUBA a circuito aperto. Lavorando in un piccolo villaggio del Mediterraneo, nelle difficili condizioni di una Francia occupata dai tedeschi, il capitano Jacques-Yves Cousteau, insieme ad Emile Gagnan, perfezionò un regolatore a domanda, combinandolo con bombole d'aria ad alta pressione, e così crearono il primo SCUBA a circuito aperto veramente efficiente e sicuro. Cousteau e i suoi compagni portarono "l'Aqua-Lung" ad un alto livello di sviluppo e, mentre esploravano e fotografavano relitti, perfezionarono nuove tecniche e collaudarono l'apparecchiatura. Il loro lavoro segnò il culmine di secoli di progressi nonché il consolidamento degli studi di Rouquayrol, Fleuss e Le Prieur. Cousteau usò le sue apparecchiature con successo a 180 fsw (circa 55 metri) senza difficoltà significative e, con la fine della guerra, l'Aqua-Lung divenne rapidamente un successo commerciale. Oggi esso è il sistema più usato, che apre il mondo subacqueo a chiunque abbia un addestramento adeguato e le doti fisiche necessarie.

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