OSSIGENO IPERBARICO E RICOMPRESSIONE IN ACQUA.
(estratti delle lezioni e degli interventi del seminario DAN Europe
sul primo soccorso in caso di malattia da decompressione
nell'immersione sportiva)
Il concetto di respirare ossigeno puro per accelerare l' eliminazione
dell' azoto disciolto in eccesso nell' organismo rispetto alla pressione
ambiente, è valido e validamente impiegato in svariate tecniche di
decompressione ( surface decompression, tabelle Comex, tabelle Buhlman) ed
altre metodiche, alcune delle quali più o meno empiriche.
In realtà, l' accelerazione dell' eliminazione di azoto è un concetto
matematico-fisico al quale non è detto debba corrispondere la realtà
biologica.
Pertanto, molti autori concordano sul fatto che la respirazione di
ossigeno puro, nelle tappe ove ciò sia possibile, è utile, ma deve venire
praticata per tempi corrispondenti a quelli previsti per la permanenza a
quella quota in respirazione di aria.
La respirazione di ossigeno iperbarico comporta:
1) la facilitazione nell' eliminare l' azoto, anche se alcuni recenti
lavori sembrerebbero dimostrare il contrario;
2) la garanzia dell' ossigenazione dei tessuti, ancorché poco perfusi;
3) la sostituzione, all 'interno delle bolle, dell'azoto con un gas
metabolico come l' ossigeno.
Nella decompressione normale, questa pratica rappresenta una misura di
prevenzione della MDD e si può consigliare, ove esistano l' attrezzatura
necessaria e le riserve di ossigeno, al ritorno da immersioni fuori curva
e particolarmente impegnative per la presenza di fattori di rischio, come
stress, fatica, freddo, etc.
E' nozione ben diffusa e radicata che un trattamento ricompressivo
terapeutico, razionalmente condotto, non può prescindere dall'uso
dell'ossigeno iperbarico, sia puro, sia in miscele arricchite. Inoltre, la
respirazione di ossigeno normobarico fa parte del primo intervento, in
caso di MDD.
Ne discende, quindi, che queste due nonne d'uso dell' ossigeno, in casi di
MDD, integrate con la consuetudine della respirazione di ossigeno alle
tappe di decompressione più superficiali (da -9 metri alla superficie),
autorizzino a tentare una terapia ricompressiva in acqua con la
respirazione di ossigeno puro.
Due sono i grossi interrogativi che rendono problematica questa procedura:
l) la logistica
2) il protocollo terapeutico.
La logistica
La respirazione di ossigeno in acqua può essere iniziata a -9 metri e
protratta il più a lungo possibile, senza che la risalita necessiti di
ulteriori tappe.
La respirazione deve avvenire in circuito aperto, con il soggetto a riposo
ed adeguatamente assistito.
L' alimentazione dell' ossigeno deve essere garantita da una doppia
bombola, con doppia rubinetteria, in superficie. Qualsiasi improvvisazione
tecnica è sconsigliabile.
L'uso dell'apparecchio per la respirazione di ossigeno a circuito chiuso
(ARO) non è possibile. La necessità di garantire una miscela povera di
azoto, nel sacco contropolmone, comporterebbe lavaggi tanto frequenti, da
vanificare le caratteristiche d'uso dell'apparecchio stesso. Inoltre la
reale composizione della suddetta miscela è variabile e non quantizzabile,
il che comporta una buona dose di empirismo.
Il protocollo terapeutico
Non si può parlare di un vero e proprio protocollo terapeutico.La
pressione di per sé, come fattore fisico di riduzione volumetrica della
bolla, non è sufficientemente significativa.
Il tempo di permanenza in quota, non è codificato come dose terapeutica e
viene indicato come " il maggior tempo possibile".
D'altra parte, è indubbio il valore terapeutico, e la clinica lo dimostra,
di una somministrazione di ossigeno iperbarico a quote anche inferiori ai
-9 metri, per tempi variabili, per la terapia di alcune malattie del
Sistema Nervoso.
Con tutte le riserve fatte per la possibilità di disporre di una buona
logistica ed una buona tecnica, l' uso di questa metodica, ben collaudata
dalla "surface decompression", è di indiscutibile utilità nei casi di
"omessa decompressione" .
In questi casi, la pronta re immersione a quote poco profonde e 1' uso
dell' ossigeno iperbarico, potrebbero rappresentare una vera e propria
prevenzione di una "MDD a rischio".
In conclusione la respirazione di ossigeno iperbarico:
-non può essere usata per accorciare le tappe di decompressione
-può essere usata per facilitare la decompressione e prevenire la MDD
-può essere usata in casi particolari, molto ben valutati sotto il punto
di vista di rischi e benefici, per un intervento terapeutico sulla MDD,
quando non sia assolutamente possibile l' accesso ad una camera
iperbarica. In questo caso è richiesto personale esperto e capace ed
attrezzature adeguate.
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