CEDIFOP news n. 61 - Luglio 2011 - articolo 111
La nuova Ordinanza n. 50/2011 della Capitaneria di Porto di Palermo,
che entra in vigore dal 01/07/2011
(di Manos Kouvakis)
Ci siamo anche a Palermo! L’ordinanza n. 50/2011 è del 07/06/2011 “Regolamento di Sicurezza per le Operazioni Subacquee nel Circondario Marittimo di Palermo”, così Palermo è la quarta Capitaneria d’Italia che ha regolamentato le operazioni subacquee nel suo territorio, dopo l’ordinanza n. 77 del 1992 della Capitaneria di Porto di Ravenna, l’ordinanza n. 25 del 2010 dell’Ufficio Circondariale Marittimo di Anzio e l'ordinanza n.5/2011 dell'Ufficio Circondariale Marittimo di Caorle del 12/03/2011. L’ordinanza si può scaricare con tutti gli allegati dal sito ufficiale delle Capitanerie di Porto - Guardia Costiera (http://www.guardiacostiera.it/) ed è riportata integralmente anche nel sito del CEDIFOP, nel settore “legislazione” (http://www.cedifop.it/leggi.htm).
L’ordinanza n. 50/2011, si presenta molto tecnica, dettagliata, e più completa (secondo il mio parere) rispetto alle altre che la hanno preceduta.
Ecco sinteticamente cosa cambia e i più importanti passaggi che troviamo nell’ordinanza:
Prima di tutto le definizioni entrano a far parte dell’ordinanza stessa, per chiarire, eliminando ogni dubbio o errate interpretazioni di concetti come “sommozzatore”, “basso fondale”, “alto fondale”, “inshore”, “offshore”, “Diving Supervisor”, “Sommozzatore in stand-by”, “Lista di Controllo/Check List” ed altro, definendo concetti spesso confusi o male interpretati fino ad oggi, anche da “esperti” del settore. Uno su tutti, l’esempio di “offshore diving”, (concettualmente uguale a quanto riportato anche sul sito dell’H.S.E. inglese) che non vuol dire operazioni lontano dalla costa o altro, ma significa esclusivamente una precisa tipologia di lavoro subacqueo, che a volte può avvenire anche all’interno di un Porto (esempio: tutte le attività lavorative subacquee svolte durante la permanenza della piattaforma “SCARABEO 8” ai cantieri Navali di Palermo, se in collegamento con la piattaforma, possono essere definite “offshore”). Cioè in parole semplici, se l’attività è del tipo “lavori di ingegneria civile, in banchine, porti, fiumi, canali sotterranei, canali, laghi, stagni, serbatoi e vasche o piscine artificialmente costruiti; lavori connessi all’ambiente marino ed allevamenti ittici” sono definiti “inshore”, mentre se le attività sono collegate in qualsiasi modo con gli impianti offshore, pozzi, gasdotti, immersioni tecniche con utilizzo di campana chiusa e tecniche di saturazione, immersioni effettuate da navi con impiego di posizionamento dinamico, vengono definiti “offshore”.
Un'altra cosa importantissima è l’obbligo dell’uso della “Lista di Controllo/Check List” per la pianificazione e verifica delle operazioni, con elenco dettagliato di tutte le fasi necessarie allo svolgimento dell’attività lavorativa subacquea in sicurezza, l’Ordinanza di Palermo riporta un preciso esempio nell’allegato 1 di “Lista di Controllo/Check List” e nell’allegato 2 di “Rapporto di Intervento/Work’s Report” da utilizzare.
Un altro importante elemento che viene introdotto è l’ambito di applicazione dell’Ordinanza, (potere conferito con il dispaccio n. 5202554 del 01.10.1991 dal Ministero della Marina Mercantile che attribuisce alle Autorità Marittime periferiche il compito di stabilire le norme per lo svolgimento dell’attività subacquea fuori dagli ambiti portuali); che ampliando quanto previsto nel Decreto Ministeriale del 13 gennaio 1979 ”…I sommozzatori in servizio locale esercitano la loro attività entro l'ambito del porto…” estende il raggio di azione a “tutte le attività lavorative subacquee e iperbariche svolte a fini economici e industriali condotte nell’ambito del Circondario Marittimo di Palermo”.
Un’altra serie di obblighi derivano dall’Ordinanza, con il preciso intento di aumentare la professionalità e la sicurezza delle operazioni subacquee, volte a combattere la piaga principale, che da sempre ha penalizzato le piccole imprese che operano localmente a Palermo, (ma lo stesso accade in tutta Italia a discapito di chi con correttezza e sacrifici cerca di essere in regola): IL LAVORO NERO di chi non ha i requisiti per effettuare questi lavori, o cerca a discapito della sicurezza di risparmiare, facendo concorrenza sleale. Così sottolinea l’obbligo di una assicurazione per infortuni di tutto il personale impiegato, l’obbligatorietà di dichiarare nella richiesta di autorizzazione dei lavori i nomi di: Diving Supervisor, degli OTS e dello Stand/by (articolo 5), con l’obbligo di riportare nella Check List informazioni riguardanti gli estremi delle assicurazioni stipulate per il personale; il tipo di lavoro svolto; il personale impegnato; località e data delle operazioni; inizio e fine delle operazioni subacquee; sottoscritta dal DS incaricato. La Check List deve essere conservata agli atti della Ditta/Impresa per un periodo non inferiore ad un anno ed essere esibita, a richiesta, agli addetti a compiti di polizia terrestre e marittima (articolo 6).
Così diventa tutto molto semplice: qualsiasi lavoro effettuato NON in regola, secondo questa ordinanza, è sottoposto a controlli anche successivi (entro un anno dal termine lavori), con tanti estremi che possono essere controllati, vista la documentazione obbligatoria da produrre sulla regolarità del lavoro effettuato. Probabilmente, anzi sicuramente, l’effetto di questa regola sarà una lievitazione dei prezzi applicati dalle ditte di lavori subacquei, ma cresceranno professionalità e sicurezza e aumenterà il numero delle persone impiegate in queste operazioni. Quello che è più importante, è che questa Ordinanza diventa uno strumento per combattere la piaga del lavoro nero e chi abusivamente opera in modo illecito, penalizzando con la concorrenza sleale un intero settore, impedendo la crescita di tante, tantissime piccole imprese, che potranno garantire lavoro regolare a tantissimi giovani, che potranno trovare in queste esperienze un’anticamera per un loro inserimento in contesti lavorativi più remunerativi in ambito ”offshore”, preparandoli ad affrontare esperienze più impegnative.
Ricordiamoci che la professione dell’OTS è tutelata, come tutte le professioni, dalla legislazione italiana e in particolare dall’art. 348 del Codice Penale su ”Abusivo esercizio di una professione: Chiunque abusivamente esercita una professione, per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato, è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da lire duecentomila a un milione” e dall’art.110 del Codice Penale sulla “Pena per coloro che concorrono nel reato: Quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita, salve le disposizioni degli articoli seguenti.”
Un altro passo avanti sulla professionalità è la responsabilità del “Diving Supervisor/Preposto alla sicurezza (DS)” in tutte le operazioni subacquee. Il supervisore deve essere formalmente nominato a mezzo comunicazione scritta da inoltrarsi all’Autorità Marittima e deve assicurare, assumendone la piena responsabilità, la regolarità di tutte le operazioni svolte in cantiere.
Si comincia finalmente a prendere le distanze da un altro pasticcio che da sempre ha creato confusione in questo settore: Distinguere quello che riguarda le attività sportivo/ricreative da quelle che sono le attività della subacquea industriale, e qui è importantissimo l’articolo 9 sulle attrezzature da utilizzare: in base a questa Ordinanza c’è l’obbligo di utilizzare “Caschi e maschere facciali” (articolo 9,b), estromettendo l’uso dell’erogatore sportivo che riceve il “cartellino rosso” per queste operazioni.
Certo, si parla di attività in SCUBA e attività in SSDE nelle definizioni iniziali, ma attenzione, i due concetti indicano la modalità di fornitura dell’aria all’OTS in immersione, e non il tipo di attrezzatura utilizzata. Mi spiego meglio, l’OTS che usa “Caschi e maschere facciali” collegati alla bombola sulle spalle è in SCUBA, l’OTS che usa “Caschi e maschere facciali” collegati con un ombelicale che gli fornisce l’aria dalla superficie è in SSDE. Il classico erogatore, come attrezzatura per le immersioni di carattere sportivo/ricreativo, va BANDITO una volta per tutte da questa tipologia di immersioni, per una maggiore tutela dell’OTS.
Auguri allora Palermo, una bella sfida contro:
• “vecchie mentalità” ancorate ai tempi in cui la sicurezza era solo un “optional”,
• ai percorsi formativi da OTS fatti secondo standard subacquei sportivi e camuffati solo nel titolo a rappresentare qualcosa che non sono,
• al lavoro nero,
• a chi penalizza un’intera categoria agendo nell’illegalità di un appalto non in regola.
Auguri per il percorso che inizia da domani, sperando che l’esempio di Palermo divenga modello di riferimento per tante altre Capitanerie in Sicilia e nel resto d’Italia. Un altro passo che porta più vicino alla riconquista del posto che spetta di diritto al commercial diver italiano, per la sua collocazione storica che si è persa strada facendo, a causa di una elefantiaca lentezza nell’aggiornarsi legislativamente rispetto ai passi veloci fatti nel medesimo settore dal resto del mondo.